​​​​​​​Ore 16:48: il primo scatto.
Ore 17:48: l'ultimo scatto.


Su d'un sasso a fissar l'acqua,
semplice comparsa nell'opera che fugge davanti gli occhi;
fumo tra le dita.
La risacca nei ricordi,
una serie di polaroid semoventi
che prima di vedere,
senti,
come l'onda fredda che mi bagna i piedi.
E sto s'un sasso a fissar l'acqua,
un'isola in mezzo al mare
che prima del buio,
temevo d'esplorare.
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"Un'ora di blue" è una storia difficile raccontata con sette fotografie. Difficile per chi la vuole raccontare e soprattutto per chi non la vuole raccontare. E' una storia difficile anche per chi l'ascolta rispondendo, o per chi rimane in silenzio perché spesso non si afferrano le parole giuste da dire. Alcune volte non serve una risposta, basta una schiarita verso l'azzurro. 
"Un'ora di blue" è stato mettere su carta fotografica la difficoltà di un'emozione che non è un'emozione, ma l'impossibilità di gestirne innumerevoli. La mancanza di strumenti. Strumenti persi, strumenti che mai abbiamo imparato ad utilizzare. 
Ma "Un'ora di blue" è una storia che andrebbe letta anche al contrario. E' un cerchio, non una retta, perché banalmente il sole illuminerà di nuovo quelle acque e tornerà il caldo dove il freddo del blue aveva portato il buio.

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